Con la fine dell’autunno torna, puntuale come sempre, “Cinema dal mondo”, una delle rassegne più importanti per i cineclub ticinesi. Non si tratta più tanto, come nei primi anni, di invitare lo spettatore a viaggiare attraverso il cinema in paesi lontani, alla scoperta di usi e costumi diversi dai nostri, quanto di offrire al pubblico un pacchetto di film recentissimi provenienti dall’Asia, dall’Africa, dall’America latina e dall’Europa dell’est, spesso premiati nei maggiori festival internazionali, che stentano a trovare visibilità nelle sale del Cantone, in cui continua a imperare la logica commerciale delle Majors incentrata sui blockbuster. Azione, effetti speciali, divertimento, evasione dalla realtà sono le parole d’ordine con cui l’industria cinematografica cerca disperatamente di accalappiare un pubblico che invece di anno in anno diminuisce sensibilmente, dato che il consumo di cinema avviene ormai attraverso i canali della rete. È pur vero che ultimamente si sta assistendo in Ticino ad un incremento dell’offerta di un altro cinema (chiamiamolo per comodità d’autore), sia in seguito a nuove gestioni di alcune sale (il Lux di Massagno, il Rialto di Locarno, l’Otello di Ascona) sia per il proliferare di piccoli festival o eventi centrati su un tema (diritti umani, cinema giovane, rapporti intergenerazionali, “other movie”…), ma non ci sembra sia ancora giunto il momento di rinunciare a questa nostra rassegna che si sforza di proporre una scelta dei migliori film degli ultimi due anni, escludendo volutamente le produzioni degli Stati Uniti e dell’Europa occidentale.
Quest’anno la partecipazione di tutti i quattro cineclub cantonali permette un’offerta di dodici film spalmati su ventidue serate a Bellinzona, Locarno, Lugano e Mendrisio. Quasi tutti sono stati presentati (e spesso premiati) ai festival di Cannes, Venezia o Berlino, e alcuni sono delle anteprime ticinesi. Salutiamo con piacere anche la collaborazione del Circolo del cinema Bellinzona con Castellinaria, che permette la proiezione all’Espocentro del film macedone God Exists. Her Name Is Petrunya; e quelle del Circolo di Locarno con l’Alliance française di Locarno e Sopraceneri per Atlantique e con Los amigos de la lengua española, che propone la visione di La cordillera de los sueños all’Otello di Ascona. Manca in questa nostra rassegna la Palma d’oro di Cannes, il magnifico Parasite del sudcoreano BONG Joon-ho (del resto già passato all’ultimo festival di Locarno), ma il film uscirà nelle sale ticinesi a metà novembre. Da non perdere! Sarà l’ideale complemento ai dodici film di questo programma.
Michele Dell’Ambrogio, Circolo del cinema Bellinzona
regia: Amos Gitai; con Achinoam Nim, Mathieu Amalric, Elias Amalric, Pippo Delbono, Keren Mor, Yaël Abecassis…
v.o. ebraico, arabo, francese, italiano, yiddish, tedesco, st. francese, 94’ – Israele / Francia 2018
Sul tram che attraversa Gerusalemme da est a ovest, dai quartieri palestinesi di Shuafat e Bel Hanina sino al monte Herzl, salgono e scendono diversi personaggi: ebrei, arabi, italiani, francesi… Durante il tragitto le persone entrano in contatto, discutono, litigano, fraternizzano o si ignorano. L’odio, l’amore, la connivenza, la paura, la gioia, la resistenza passiva, la sorveglianza, tutto si scandisce come uno psicodramma intimo, personale, che però si proietta fatalmente sull’intero microcosmo costretto in quello spazio ridotto.
Metafora palese di una città, di un paese, della Storia: volutamente ingenua, quasi a irridere l’evidenza ignorata di un dramma che ha la soluzione in se stesso, nel facile messaggio di una convivenza niente affatto impossibile. Amos Gitai sembra quasi voler concretizzare lo spazio ideale di un’utopia miniaturizzata, inscatolata tra le lamiere di questa vettura, lasciando fuori non a caso la realtà, al di là di quelle porte da cui entrano ed escono le figure in campo, oltre quei finestrini da cui vediamo sprazzi di realtà turbata.(Massimo Causo, in “Cineforum”, 577, settembre 2018)
regia: Mounia Meddour; con Marwan Zeghbib, Lina Khoudry, Shirine Boutella, Amira Hilda Douaouda, Yasin Houicha, Aida Ghechoud…
v.o. arabo, francese, st. francese/tedesco, 116’ – Algeria / Francia / Belgio / Qatar 2019
Nedjma è una ragazza vivace che ama la moda e sogna di fare la stilista. Frequenta l’università, esce di nascosto la sera con la sua migliore amica, ma nell’Algeria degli anni Novanta viene mal giudicata da chi disprezza la libertà – di pensiero, di vestiario, di movimento, di stile di vita – femminile. La voglia di mettere su la sua prima sfilata viene dunque vista come un affronto dai fondamentalisti del posto, e la sua vita e quella delle sue amiche inizia a prendere una piega sempre più pericolosa.
Per il suo debutto nella fiction, la documentarista Mounia Meddour sceglie una storia che le è cara, perché è la sua. Le fondamenta autobiografiche si percepiscono chiaramente: Papicha – termine algerino per il nostro “hipster” – è un crescendo di tensione narrativa ed emozioni multiple che arrivano dritte allo spettatore e lo stordiscono, raccontando una realtà ancora attuale: il fondamentalismo religioso, la repressione cieca, l’ottusità di chi mira a mettere a tacere la forza vitale delle donne per renderle sudditi obbedienti da gestire a proprio piacimento. La forza del film sta proprio nel raccontare la quotidianità di una ragazza comune che diventa suo malgrado ribelle e anticonformista.
(da Claudia Catalli, in www.mymovies.it)
regia: Waad Al-Khateab, Edward Watts; con Hamza Al-Khateab, Sama Al-Khateab, Waad Al-Khateab
v.o. arabo, st. italiano o francese, 100’ – Siria / Gran Bretagna 2019
Golden Eye, Cannes 2019
Waad Al-Khateab è ad Aleppo per studiare economia nel momento in cui la gente scende in strada per reclamare più libertà. Nel corso di queste manifestazioni incontra Hamza, con il quale si sposerà e darà alla luce la figlia Sama. Con una camera video Waad Al-Khateab filma dapprima la gioia e la speranza e poi, quando scoppia la guerra, l’inferno dei bombardamenti.
Non abbiamo a che fare con un documentario in senso stretto e non dobbiamo cercare in questo film un’analisi della situazione politica in Siria. Non sappiamo nemmeno niente dei protagonisti, al di là dei loro atti mostrati sullo schermo. Tuttavia ciò non toglie nulla alla qualità e all’importanza di questa testimonianza “di prima mano”, che ha l’immenso merito di farci sentire fin nelle nostre viscere l’inferno che hanno vissuto Waad, Hamza e Sama e tutte le altre vittime di questa follia mortale (…) Immagini necessarie, indimenticabili.
(Martial Knaebel, in www.trigon-film.org)
regia: Ryûsuke Hamaguchi; con Masahiro Higashide, Erika Karata…
v.o. giapponese, st. francese, 119’ – Giappone / Francia 2018
È la storia della giovane Asako, che ha un colpo di fulmine per Baku, che però la pianta in asso nella più proverbiale delle maniere dopo una breve relazione. Allora lei poi si rifà una vita con un sosia dello stesso, conosciuto per caso, ma che non le accende la stessa passione (e poi Baku la rimanderà in crisi…).
Il film è tratto da un romanzo di Tomoka Shibasaki ed è stato presentato in concorso al Festival di Cannes del 2018. Sconvolgente e sobria, delicata senza mai essere eterea, questa storia d’amore in due atti sulla cristallizzazione del desiderio, sull’oggetto del trasporto amoroso e sul diritto a una seconda opportunità è una meraviglia in quanto a finezza di scrittura e di messa in scena. La conferma che questo autore è uno dei valori sicuri del cinema giapponese.
(Xavier Leherpeur, in “Le Nouvel Observateur”, da www.allocine.fr)