CINEMA DAL MONDO

Speciale Europa dell’Est

martedì 20:30

Dopo aver concentrato l’attenzione sull’America latina (2013) e sul Medio Oriente (2015), questa volta il “mondo” è più vicino a noi e dopo la caduta del Muro di Berlino dovrebbe essere parte integrante dell’Occidente. Ma è proprio così? Le notizie che ci giungono dall’Europa dell’est, anche dalle nazioni che appartengono a quella fragile e contraddittoria Unione Europea, non sono delle più rallegranti: rigurgiti fascistizzanti in Ungheria, che si è circondata di muri contro i migranti, pericolose svolte destrorse in Polonia contro la separazione dei poteri e l’aborto, machismo e conflitti etnici mai sopiti nei Balcani, economia asfittica e povertà dilagante in Romania e Bulgaria, per non parlare della mano pesante di Putin in Russia. Non che dalle nostre parti le cose vadano molto meglio, con la crescita un po’ ovunque di partiti e movimenti populisti e con l’incapacità dei governanti di sottrarsi alle logiche dei mercati finanziari, ma sembra proprio che al di là di quella che era la cortina di ferro il sogno di conquistare libertà e democrazia sia rimasto soffocato da pericolose tentazioni autoritarie.
Cosa c’entra il cinema con tutto questo? Ai tempi del comunismo, il cinema dell’est ha trovato il modo di esprimersi ad alti livelli, di inventare nuove modalità narrative e persino di farsi portavoce, nonostante la censura, di forme di malcelato dissenso. I massicci interventi statali hanno favorito la nascita di “scuole” invidiate in tutto il mondo, che hanno poi generato le varie “nouvelles vagues” ceche, polacche, ungheresi…, che il Festival di Locarno, ai tempi del buon Vinicio Beretta, ha contribuito a far conoscere. Oggi si sono imposte come
altrove le regole del mercato, ma sotto le ceneri di quel che è stato sono ancora vive le braci di autentiche ispirazioni.
Questo nostro “Speciale Europa dell’est” intende essere una parziale testimonianza della vitalità che ancora è presente nel cinema di quei paesi e che viene ogni anno consacrata nei maggiori festival internazionali, anche se ben raramente viene fatta conoscere al grande pubblico, allevato con massicce dosi di blockbuster e popcorn.
Quale sguardo gettano questi cineasti sul presente e sul passato delle loro nazioni di appartenenza? Seppur con stili e finalità molto diversi, non si potrà negare che si tratta di sguardi molto critici, che indagano nelle zone d’ombra della Storia e dell’attualità, rivelando malesseri diffusi, difficoltà a gestire i rapporti umani in una società che non ha finito di fare i conti con il proprio passato e che fatica a gestire la transizione in atto verso un nuovo orizzonte.
Presentiamo con questa rassegna otto film di indiscutibile valore artistico, che non mancheranno di rivelare, al pubblico che vorrà gustarseli, aspetti anche poco conosciuti della vita nell’est europeo, zona in cui abbiamo voluto inserire anche la Grecia, paese occidentale che la crisi ha reso molto simile a certi suoi vicini dell’est. Il Cineclub del Mendrisiotto ha poi voluto inserire, in collaborazione con la decima Biennale dell’immagine, un film di bruciante attualità che ci porta ancora più a sud-est, nella martoriata Siria.
Buone visioni e buone scoperte!
Michele Dell’Ambrogio, Circolo del cinema Bellinzona

5.12.2017 – 20.45 | A GOOD WIFE (Dobra zena)

regia: Mirjana Karanovic; sceneggiatura: Mirjana Karanovic, Stevan Filipovic, Darko Lungulov; fotografia: Erol Zubcevic; montaggio: Lazar Predojev; musica: Dejan Pejovic; interpreti: Mirjana Karanovic, Boris Isakovic, Jasna Djuricic, Bojan Navojec, Ksenija Marinkovic…; produzione: Snezana Penev per Cineplanet/This & That Production.
v.o. serba, st. francese/tedesco, 94’
Serbia/Bosnia Erzegovina/Croazia 2016
Vincitore del Trieste Film Festival 2017

Milena ha cinquant’anni, due figli e un marito che ama. Un’esistenza agiata, altoborghese, una bella casa a Belgrado. La sua routine quotidiana prende una direzione imprevista quando le viene diagnosticato un tumore al seno e, quasi contemporaneamente, facendo le pulizie di casa scopre una VHS girata durante la guerra in cui si vede il marito che uccide dei civili a sangue freddo…

Con Dobra zena (Una brava moglie), la sua opera prima dietro la macchina da presa, Mirjana Karanovic, la magnifica attrice serba vista, tra gli altri, in film di Draskovic, Kusturica, Paskalijevic e della Zbanic, ha vinto la ventottesima edizione del Trieste Film Festival. Ispirata a uno dei tanti episodi atroci della tragedia che ha sconvolto l’ex Jugoslavia, sceglie come luogo privilegiato per l’ennesima riflessione sul dopo lo spazio domestico, osservando in maniera non banale “le famiglie disfunzionali delle persone che hanno commesso questi crimini”, come ha dichiarato l’autrice, mettendo in scena efficacemente una normalità esibita sotto la cui superficie continuano a far male le ferite di un passato troppo recente per poter essere dimenticato e le angoscianti scelte imposte dal suo riemergere.
(Paolo Vecchi, in “Cineforum”, 566, luglio 2017)

12.12.2017 | UNITED STATES OF LOVE (Zjednoczone stany milosci)

regia: Tomasz Wasilewski; sceneggiatura: Tomasz Wasilewski; fotografia: Oleg Mutu; montaggio: Beata Walentowska; interpreti: Julia Kijowska, Magdalena Cielecka, Dorota Kolak, Marta Nieradkiewicz, Tomasz Tyndyk, Andrzej Chyra, Lukasz Simlat, Marcin Czarnik…; produzione: Agnieszka Drewno, Piotr Kobus, Jonas Kellagher, Simon Perry per Manana/ Common Ground Pictures/Film i Väst.
v.o. polacca, st. francese, 106’ – Polonia/Svezia 2016
Orso d’argento per la miglior sceneggiatura, Berlino 2016

Polonia, 1990. Il primo anno di libertà, ma anche di incertezza per il futuro. In questo contesto, quattro donne di diversa età decidono che per loro è giunto il momento di soddisfare i loro desideri…

Il premio per la sceneggiatura andato a Zjednoczone stany milosci (United States of Love) del polacco Tomasz Wasilewski non dà il giusto merito a un film dove è la regia, semmai, a spiccare sul racconto. Le storie marginali di alcuni abitanti della provincia polacca dei primi anni Novanta, quella di Solidarnosc e del cambiamento, si intrecciano fra loro. La solitudine e la difficoltà dei rapporti umani, nonostante uno stile di vita che per molti sta rapidamente mutando forma, restano quelli di sempre e la speranza per un domani migliore appare annebbiata da un presente cupo e malinconico.
(Lorenzo Rossi, in “Cineforum”, 553, aprile 2016)

19.12.2017 | FAUTES D'AMOUR – LOVELESS (Nelyubov)

regia: Andrej Zvyagintsev; sceneggiatura: Oleg Negin, Andrey Zvyagintsev; fotografia: Mikhail Krichman; montaggio: Anna Mass; musica: Evgueni Galperine, Sacha Galperine; interpreti: Maryana Sivak, Aleksey Rozin, Yanina Hope, Daria Pisareva, Matvey Novikov…; produzione: Gleb Fetisov, Sergey Melkumov, Alexander Rodnyansky, Olivier Père per Non-Stop Productions / Fetisoff Illusion / Arte France Cinéma / Why Not Productions.
v.o. russa, st. francese, 127’
Premio della giuria, Cannes 2017

Nelyubov ovvero privo d’amore, espressione che in questo film ha un doppio significato. È senza amore innanzitutto il protagonista, un bambino, che pure scompare dal film dopo una manciata di sequenze, giusto il tempo di esprimere il suo dolore per la separazione dei genitori, i quali senza tanti complimenti parlano davanti a lui delle nuove, rispettive vite di coppia che li aspettano dopo la rottura. Al centro del film rimane dunque la sua sparizione, improvvisa, misteriosa e, per i genitori, fastidiosa, visto che interrompe lo slancio con cui progettano i rispettivi futuri…

Ma senza amore, in una valenza ora positiva del termine, è anche lo sguardo del regista su questo mondo di sfacelo morale, dominato dall’egoismo e dall’utilitarismo. Abbandonati le atmosfere malinconiche e i tempi morti del precedente Leviathan, Zvyagintsev questa volta gira con crudele essenzialità, riempiendo i vuoti del melodramma con una messa in scena di gelida eloquenza, dominata da piani sequenza e riprese fisse che fotografano impietosamente la deriva morale dei protagonisti.
(Leonardo Gandini, in “Cineforum”, 566, luglio 2017)