Fino a qualche anno fa i cineclub ticinesi erano soliti presentare nella loro programmazione stagionale una rassegna a scadenza mensile dedicata ad autori, tendenze o generi della storia del cinema. Poi, in seguito alla pandemia e alla riorganizzazione dell’attività, questa abitudine è stata abbandonata. Ma ciò non significa che sia venuta meno l’attenzione al cinema del passato, che è sempre rimasta, accanto alla volontà di presentare film contemporanei spesso ignorati dalla distribuzione commerciale, una priorità del nostro lavoro. Basta dare un’occhiata ai nostri archivi per rendersene conto. E così, dopo aver spulciato il sito della Cinémathèque e la sua lista dei film in distribuzione, abbiamo individuato alcuni percorsi che ci avrebbero permesso di organizzare delle rassegne specifiche sulla storia del cinema. Fra questi ne abbiamo dapprima privilegiato uno sui classici hollywoodiani: sei film, da Buster Keaton (The Navigator, 1924) a Fritz Lang (Beyond a Reasonable Doubt, 1956), che siamo lieti di presentare in questa rassegna in versioni restaurate in digitale. A questi ne abbiamo voluto aggiungere altri due: a Lugano un capolavoro del muto italiano, Rapsodia satanica, 1917, di Nino Oxilia (copia restaurata a cura della Cineteca di Bologna a partire dall’unica copia in pellicola esistente presso la Cinémathèque suisse); e a Bellinzona F for Fake, 1974, disincantata riflessione sull’arte e sul cinema di Orson Welles, regista dai burrascosi rapporti con Hollywood e che ha prodotto i suoi ultimi film fuori dal sistema.
Il futuro ci riserverà, sempre attingendo al bacino della Cinémathèque, altri percorsi attraverso cinematografie del passato, dalla Francia alla Svizzera. Per ora godiamoci o rigodiamoci questi gioielli, capaci di farci assaporare tutta la magia di un cinema perfettamente orchestrato dalla macchina produttiva hollywoodiana (e non solo!).
Michele Dell’Ambrogio, circolo del cinema Bellinzona
regia: Nino Oxilia; con: Lyda Borelli, Andrea Habay, Giovanni Cini, Ugo Bazzini, Alberto Nepoti…
muto, musicato; didascalie italiano/francese; bianco e nero imbibito, virato e a pochoir; 43′ – Italia 1917
Il film ricalca la vicenda di Faust, ma al femminile. L’anziana duchessa Alba d’Oltrevita fa un patto con il diavolo: potrà riacquistare la giovinezza, ma dovrà per sempre rinunziare all’amore. Ma non sa resistere a uno dei due fratelli che la corteggiano e mentre cade tra le braccia del primo, l’altro si uccide. Il demonio, al quale la donna non ha saputo mantenere la parola data, la fa ritornare vecchia. Per il dolore, Alba cade morente nel giardino. (dal Dizionario dei registi del cinema mondiale, a cura di Gian Piero Brunetta, Torino, Einaudi, 2008)
Pronto nel 1915 ma misteriosamente distribuito solo nel 1917 (…), il film sceneggiato da Alfa (Alberto Fassini) e da Fausto Maria Martini, da un poema di quest’ultimo, poteva contare sull’eccezionale partitura di Pietro Mascagni, “uno degli accompagnamenti più raffinati e complessi della storia del cinema, spingendosi ben oltre la percezione visiva per delineare i tratti più reconditi dei personaggi” (T. Brock). Dal canto suo la regia di Oxilia esalta la recitazione gestuale della Borelli, “riuscendo a coordinare perfettamente il senso della fisicità della passione, del dérèglement de tous les sens e della volubilità e leggerezza di alcuni sentimenti (Brunetta). A esaltare ancora di più questa recitazione contribuiscono poi tutta una serie di raffinate citazioni artistiche, dalle reminiscenze pittoriche simboliste e preraffaellite ai richiami letterari faustiani e dannunziani alle scenografie liberty e art nouveau (…). Il restauro del 2016 della Cineteca di Bologna ha potuto recuperare gli interventi coloristici a pochoir insieme alle immagini imbibite e virate.
regia: Fritz Lang; con: Dana Andrews, Joan Fontaine, Sidney Blackmer, Philip Bourneuf, Barbara Nichols…
v.o. inglese; st. francese; 80′ – USA 1956
Per sostenere la sua campagna contro la pena di morte, l’editore di giornali Austin Spencer (Blackmer) convince lo scrittore Tom Garrett (Andrews), promesso sposo della figlia Susan (Fontaine) ad accusarsi di un delitto. Ma chi deve scagionarlo con un colpo di scena muore improvvisamente.
L’ultimo film americano di Lang, sceneggiato da Douglas Morrow, è una lucida e inquietante riflessione sul nodo centrale di tutta la sua opera: la responsabilità dell’individuo e la fallibilità della nostra idea di giustizia. Portando all’estremo il processo di semplificazione del suo stile, il regista costruisce un perfetto meccanismo a incastro capace di catturare l’intelligenza e l’attenzione dello spettatore per meglio minare le sue certezze, senza rifugiarsi in un relativismo di maniera ma ribadendo l’idea che nessuno può dirsi innocente. Quasi astratto nella sua essenzialità narrativa, il film si rivela anche una lucida riflessione sul potere della “messa in scena”: da parte di Tom Garrett rispetto ai piani di Spencer, ma anche da parte del regista rispetto all’attenzione dello spettatore.
regia: Lewis Allen; con: Frank Sinatra, Sterling Hayden, James Gleason, Nancy Gates, Kim Charney, Paul Frees, Christopher Dark…
v.o. inglese; st. francese; 74′ – USA 1954
Per compiere un attentato, un killer (Sinatra) e i suoi due complici (Frees e Dark) sequestrano lo sceriffo di Suddenly (Hayden) e una famiglia nella loro villetta, perché lì sotto si fermerà il presidente degli Stati Uniti. Ma i piani non sono mai perfetti…
“…Oggi la vita è talmente tranquilla a Suddenly, che dovremmo ribattezzarla Quiet City.” Così, nel prologo del film, un agente dello sceriffo descrive ad un autista di passaggio la cittadina del Midwest teatro della vicenda – ironicamente, alla fine del film, lo sceriffo si rivolgerà all’incirca nello stesso modo ad un altro autista. Ma suddenly, in inglese, significa “improvvisamente”. E, improvvisamente, la quiete della cittadina viene turbata dalla notizia del passaggio del Presidente degli Stati Uniti d’America. Ma, soprattutto viene sconvolta la vita della famiglia Benson: il piccolo “Pidge”, la madre vedova e il nonno. Un terzetto di killer a pagamento ha, infatti, individuato nella loro abitazione, la postazione ideale per assassinare il Presidente, in arrivo alla stazione. (da wikipedia.it)
Un thriller piuttosto originale per i suoi tempi, anche se i dialoghi verbosi dello sceneggiatore Richard Sale rischiano di compromettere la suspense a favore di un eccessivo “dibattito” morale. Decisamente efficace Sinatra nella parte – per lui insolita – di un disilluso eroe di guerra disposto a uccidere per denaro. Si dice che Lee Oswald abbia visionato questo film prima di compiere l’attentato a Kennedy
regia: William A. Wellman; con: Carole Lombard, Fredric March, Walter Connoly, Charles Winniger, Sig Ruman…
v.o. inglese; st. francese; bianco e nero; 71′ – USA 1937
Giunta a New York spesata dal quotidiano Morning Star, che vorrebbe fare un servizio esclusivo sulla sua malattia, la contaminazione da radio, Hazel Flagg (Lombard) in realtà è solo vittima di una diagnosi sbagliata dal dottor Downer (Winninger) e ne è ben consapevole. Ma non rivela l’errore per non perdere il viaggio gratis. A farne le spese rischia di essere il cronista di punta del giornale, Wallace Cook (March), a cui il capo Oliver Stone (Connoly) sembra non concedere più altre opportunità. Ma la reputazione di un giornale può essere salvata in molti modi…
Una commedia nera scatenata sul mondo del giornalismo (“satira screwball” l’ha definita Pauline Kael) che inanella battute a raffica sull’equivoco della malattia, caustica sia nella descrizione del mondo cinico della grande metropoli, sia di quello gretto e allucinatorio della provincia (il Vermont dei primi quindici minuti “è l’American Gothicdi Grant Wood che ha preso improvviso movimento”. Ben Hecht, autore della sceneggiatura, usa i personaggi come pedine di un grande gioco e non si prende troppo sul serio, ma è impietoso nello smascherare il cinismo e il conformismo del quarto potere. Imprevedibile il finale “immorale” sulla nave da crociera. Non mancano le inquadrature spiazzanti, tipiche del regista, come quella del dialogo dei due protagonisti ripreso inquadrando il grosso ramo di un albero che li copre o quello del bacio in cui la macchina da presa “si fissa” solo sulle gambe degli amanti. Musiche di Oscar Levant. Tra le prime produzioni indipendenti di David O. Selznick. Rifatto nel 1954 da Norman Taurog (Living It Up – Più vivo che morto).
regia: Buster Keaton, Donald Crisp; con: Buster Keaton, Kathryn McGuire, Noble Johnson, Frederick Vroom.
muto; didascalie francese; musicato; bianco e nero; 70′ – USA 1924
Un giovane milionario si trova solo con la ragazza che ama (e che non voleva saperne di sposarlo) su una nave che va alla deriva nei mari del Sud. Risolto il problema della sopravvivenza, c’è quello dei cannibali…
Keaton e Crisp sfruttano alla perfezione lo spazio chiuso della barca, dove l’azione è coreografata con precisione cronometrica: abbandonati sulla nave, i due personaggi impiegano paradossalmente molto tempo prima di incontrarsi e questa trovata innesca una bellissima serie di gag sul tema della paura (indimenticabili alcune espressioni di Keaton, lampante negazione di chi lo voleva una “faccia di pietra”). Il classico tema della lotta contro gli oggetti dà luogo a una serie di soluzioni surreali: dall’aragosta usata come tenaglia al sistema di pulegge che permette di cucinare.