A giugno compirà 98 anni. E sicuramente, soffiando sulle candeline (speriamo non proprio 98…) si farà una bella risata. Come nel giorno in cui, chiamato a lasciare le impronte sulla Walk of Fame di Hollywood, aggiunse con la sua insolente irriverenza un sesto dito alla mano sinistra…
Melvin James Brooks (nato Kaminsky) è un piccolo grande genio del cinema comico americano, ma non solo: è infatti uno dei soli 19 “EGOT Personality”, ovvero coloro che sono riusciti a conquistare, in carriera, l’Emmy (il più importante premio per la televisione, ne ha 4), il Grammy (il premio annuale dell’industria discografica e musicale, ne ha 3), l’Oscar (2) e il Tony Award (3 premi per l’eccellenza teatrale).
Dotato di un talento comico naturale, inizia la sua carriera artistica come cabarettista e poi passa alla Tv, che note le sue abilità, lo sceglie come autore di alcuni importanti show, tra i quali “Get Smart” la spia pasticciona impersonata da Don Adams.
Dopo le prime nozze (con 3 figli) con Florence Baum, è l’incontro con l’attrice Anne Bancroft che gli cambia la vita: già vincitrice di un Oscar e futura protagonista de Il Laureato lo invita a cercare di portare la sua arte nel mondo di Hollywood. La sua prima regia è The Producers (Per favore, non toccate le vecchiette) alla quale seguiranno altri 10 film: The Twelve Chairs (Il mistero delle dodici sedie), Blazing Saddles (Mezzogiorno e mezzo di fuoco), Young Frankenstein (Frankenstein Junior), Silent Movie (L’ultima follia di Mel Brooks), High Anxiety (Alta tensione), History of the World, Part I (La pazza storia del mondo), Spaceballs (Balle spaziali), Life Stinks (Che vita da cani!), Robin Hood: Men in Tights (Robin Hood – Un uomo in calzamaglia) e Dracula: Dead and Loving It (Dracula morto e contento).
Tante parodie, tante risate e uno sguardo cinematografico mai banale, oltre ad un attore feticcio, Gene Wilder, che fin dal suo primo film lo accompagnerà per buona parte dei suoi più grandi successi. Una collaborazione, ma prima di tutto una grande amicizia ed un confronto continuo tra due grandi protagonisti del cinema degli anni ’70 e ’80.
Sempre disponibile a cimentarsi come attore (lo ha fatto anche per due film di Ezio Greggio, Il silenzio dei prosciutti del 1994 e Svitati del 1999) nel nuovo millennio si è dedicato soprattutto al teatro, con la trasposizione per Broadway del suo primo film, The Producers, un grande successo che genererà un remake cinematografico, con la sua sola supervisione e di Young Frankenstein che non ottenne però un analogo successo.
Poi, giusto un anno fa, il ritorno in televisione, scrivendo, producendo e facendo da voce narrante per History of the World, Part II, prosecuzione di uno dei suoi successi cinematografici.
Alessandro Bertoglio, giornalista RSI (LuganoCinema93)
soggetto: Andrew Bergman; sceneggiatura: Mel Brooks, Andrew Bergman, Norman Steinberg, Richard Pryor, Alan Uger; interpreti: Cleavon Little, Gene Wilder, Harvey Korman, Madeline Kahn, Mel Brooks, Slim Pickens, Burton Gilliam, David Huddleston, Dom DeLuise, Jack Starrett; produzione: Michael Hertzsberg per Crossbow Productions, Warner Bros.
v.o. inglese; st. italiano; 93′ – USA 1974
Stati Uniti, 1874. Il procuratore di Stato Hedley Lamarr, in combutta con il governatore Lepetomane, vuole speculare sui terreni dove passerà la nuova ferrovia. Per riuscire nel suo intento, deve prima scacciare gli ignari abitanti di Rock Ridge. Nomina come nuovo sceriffo l’afromericano Bart. All’inizio la gente del posto reagisce con razzismo. Ma Bart, aiutato dal pistolero ex alcolizzato Jim “Wako Kid”, conquista tutti e organizza la resistenza contro la banda di criminali assoldata da Lamarr. A dispetto del colore della pelle che gli attira immeritata ostilità, il prode Bart riporta la legge nella cittadina.
Si può far ridere parlando di razzismo? Se alla guida del progetto c’è Mel Brooks, la risposta è un chiaro e semplice sì. Nel primo dei due film della rassegna, che quest’anno festeggia i 50 anni di vita, sono proprio l’assurdità del razzismo e la storia della malvagità umana a essere messi alla berlina utilizzando i canoni del film western. Qui ci sono tutti gli elementi perfetti per ribaltare proprio la mitologia del western classico, fin dalla sequenza di apertura in cui gli immigrati cinesi e gli schiavi neri recentemente liberati lavorano sotto la frusta dell’uomo bianco per costruire una ferrovia. E ci sono i personaggi irresistibili che Brooks crea e a volte interpreta: come il capo nativo americano che parla yiddish… Un film che oggi difficilmente si potrebbe girare: in ogni frase c’è qualcosa di scorretto e distante dalla morale contemporanea. Avvisati!
soggetto: Mary Shelley, Gene Wilder, Mel Brooks; sceneggiatura: Gene Wilder, Mel Brooks; interpreti: Gene Wilder, Peter Boyle, Marty Feldman, Teri Garr, Madeline Kahn, Cloris Leachman, Gene Hackman; produzione: Michael Gruskoff per 20th Century Fox, Crossbow Productions, Gruskoff/Venture Films, Jouer Limited
v.o. inglese; st. italiano; 105′ – USA 1974
Frederick Frankenstein, nipote del celebre barone, è un affermato neurochirurgo che vive e insegna negli Stati Uniti. Impegnato a far dimenticare la sua discendenza dal creatore della Cosa, riceve suo malgrado l’invito a recarsi nel castello del nonno in Transilvania a causa di un lascito testamentario. È qui che Frederick Frankenstein scopre il fatidico manuale di istruzioni per ridare la vita ai morti e, con l’aiuto del servitore gobbo Igor e della sensuale assistente Inga, tra inconvenienti e gag, inizia anch’egli a costruire un uomo artificiale.
Altro film 50enne che la sua età proprio non la dimostra, una icona della comicità di tutti i tempi. Un capolavoro che (un po’ alla Lanthimos) recupera uno dei personaggi della letteratura e del cinema più letti e amati, e lo fa proprio, scardinando ogni regola e trasformando il suo universo in un regno del divertimento, anziché della paura. Ancora una volta è Gene Wilder a rendere questa magia verosimile, nei panni di Frederick Frankenstein (che ovviamente è pronunciato in modo volutamente errato, per distaccarsi dall’avo e dai suoi esperimenti) un professore in una scuola di medicina di New York, che riceve la visita di un antico servitore della famiglia con il testamento di suo nonno. Costretto a tornare in Transilvania, nel “suo” castello trova lo straordinario domestico Igor (Marty Feldman), la voluttuosa assistente di laboratorio Inga e la misteriosa governante Frau Blucher. Il gioco è fatto. Anche quello di parole: dal lupo che ulula al lupo mannaro…
soggetto: Ron Clark; sceneggiatura: Barry Levinson, Ron Clark, Mel Brooks, Rudy De Luca; interpreti: Mel Brooks, Marty Feldman, Dom DeLuise, Bernadette Peters, Sid Caesar, Liza Minnelli, Anne Bancroft, Paul Newman, James Caan, Burt Reynolds, Marcel Marceau, Harry Ritz; produzione: Crossbow Productions
muto; didascalie in italiano; 87′ – USA 1976
Il regista Mel Funn, ormai in declino e con problemi di alcolismo, e i suoi due sgangherati collaboratori Marty Eggs e Studio Chief cercano di salvare la piccola casa di produzione cinematografica dalla voracità della multinazionale Hollywoodiana Engulf&Devour. L’idea è quella di realizzare un riuscito film muto grazie alla scrittura di grandi divi: la Minnelli, Anne Bancroft, Paul Newman, James Caan, Burt Reynolds e il mimo Marcel Marceau, che si rifiuta di partecipare al progetto pronunciando l’unica parola di tutto il film. Sopravvivendo ai tentativi di sabotaggio, il folle film ottiene un sonoro successo.
Marty Feldman, Anne Bancroft, Liza Minnelli, Burt Reynolds, James Caan e Paul Newman: sono il cast del film folle, magnetico di un ormai riconosciuto genio della comicità. Che di parodia in parodia, arriva a rifare la storia del cinema muto, alla sua maniera. Se Michel Hazanavicius con The Artist ha vinto l’Oscar più di 30 anni dopo, un po’ del merito è anche di questa vera follia, che nel mezzo degli anni ’70 porta sullo schermo un gruppo di attori straordinari che non parlano. E tra questi possiamo metterci lo stesso Brooks, che ha un ruolo non secondario. Ed è un film che anticipa anche tanto della crisi di Hollywood: il suo regista alcolizzato che sta cercando di mettere insieme un successo per salvare lo studio, preso di mira dagli avvoltoi di Wall Street è semplicemente grandioso. Non un film perfetto, ma davvero incredibile!
soggetto e sceneggiatura: Mel Brooks, Ron Clark, Rudy De Luca, Barry Levinson; interpreti: Mel Brooks, Madeline Kahn, Harvey Korman, Cloris Leachman, Dick Van Patten, Howard Morris, Ron Carey, Jack Riley, Ron Clark, Rudy De Luca, Barry Levinson, Albert J. Whitlock; produzione: Mel Brooks per La Crossbow/Fox
v.o. inglese; st. italiano; 94′ – USA 1977
San Francisco: il professor Richard Harpo Thorndyke viene nominato direttore dell’Istituto Psico-Neurotico per Individui Molto Molto Nervosi, ignorando che l’ambizioso vice-direttore Montague e la sua amante, l’infermiera Diesel, fanno davvero impazzire i degenti per impossessarsi dei loro beni. Thorndyke riuscirà a smascherarli con l’aiuto dell’ereditiera Victoria Brisbane, figlia di uno dei malati, Arthur, che crede di essere un cocker spaniel, ma dovrà sconfiggere innanzitutto la sua acrofobia.
Il bersaglio grosso, stavolta, è il maestro Alfred Hitchcock ed il thriller in particolare, che viene rivisto alla maniera di Brooks. Anche qui il regista è pure protagonista, nei panni del dottor Richard H. Thorndyke, psichiatra vincitore del premio Nobel, appena nominato direttore dell’elegante Istituto Psico-Neurotico per Persone Molto, Molto Nervose di Los Angeles. Attorno al quale ruota un gruppo di personaggi che paiono davvero rubati ai film di Hitchcock, impersonati da attrici ed attori che sono più amici e compari di gioco che star del cinema. Come l’infermiera Diesel (Cloris Leachman) sadica e dalle labbra sottili con accenno di baffi; il gentile vecchio professor Lillolman (Howard Morris) e l’affascinante Victoria Brisbane (Madeline Kahn). La sceneggiatura è scritta da Brooks con Ron Clark, Rudy De Luca e Barry Levinson, i quali fanno tutti un cameo nel film, il cui epicentro si rivela essere un convegno di medici a San Francisco.
soggetto: Evan Chandler, J.D. Shapiro; sceneggiatura: Mel Brooks, Evan Chandler, J.D. Shapiro; interpreti: Cary Elwes, Richard Lewis, Amy Yasbeck, Roger Rees, Dom DeLuise, Mel Brooks, Isaac Hayes, Tracey Ulman, Dick Van Patten; produzione: Brooksfilm, Gaumont, 20th Century Fox
v.o. inglese; st. italiano; 104′ – USA 1993
Fuggito da una prigione musulmana, Robin Hood, conosciuto come l’arciere più abile del paese, torna in patria a nuoto, e organizza la resistenza dei contadini contro il regime vessatorio del principe Giovanni. Per combattere il crudele principe e lo sceriffo, Robin recluta una banda di allegri uomini tra cui: Blinkin, il suo servitore cieco, Ahchoo e Little John. Prenderà in sposa la principessa Marian, ma non troverà la chiave della sua cintura di castità.
A 20 anni di distanza dai suoi fasti creativi, nel 1993 arriva la parodia delle numerose incarnazioni di Robin Hood, che per Mel Brooks è un pazzo vanitoso che fugge con il suo amico Achoo da una prigione in Palestina, solo per tornare in Inghilterra per sconvolgere l’avido re Giovanni. Un film con una non-trama, costruito soprattutto da una sequenza di gag comiche con protagonista Cary Elwes che interpreta un Robin Hood simpatico e stupido, circondato da una serie di personaggi macchietta come lo sceriffo pazzo di Ruttingham; dalla strega Latrina (Tracey Ullman) e dal mafioso Don Giovanni (Dom De Luise). Robin recluta Little John e Will Scarlet O’Hara per aiutarlo a riconquistare la terra di suo padre e spodestare il principe John dal trono, quando ovviamente incontra la sua Lady Marian di Bagelle, che vuole trovare l’uomo che ha la chiave della sua cintura di castità…