Non si può certo dire che il cinema italiano goda di una buona distribuzione in Svizzera. Sugli schermi ticinesi arrivano perlopiù le solite commedie di (presunto) successo e qualche altro raro film da cui, vista la fama dell’autore o il successo nei festival internazionali, non si può prescindere. Per quest’ultimi due esempi su tutti: l’ultima fatica di Marco Bellocchio, Il traditore, reduce dai consensi ottenuti all’ultimo Festival di Cannes e che uscirà proprio in contemporanea con la nostra rassegna, e il bel documentario di Nanni Moretti, Santiago, Italia, uscito la scorsa primavera. D’altra parte, cercare di ottenere opere inedite dall’Italia è quasi sempre un’operazione faticosa, che comporta lungaggini burocratiche spesso insormontabili nonché costi tutt’altro che indifferenti. Perciò, dopo averci anche provato ma senza ottenere risposte in tempo utile, i cineclub ticinesi hanno optato per cercare quei pochi titoli reperibili sul mercato svizzero, che non sempre hanno avuto al sud delle Alpi la diffusione che meritavano. Per la prima volta questa rassegna (originariamente prerogativa del Cineclub del Mendrisiotto) vede la partecipazione di tutti e quattro i cineclub cantonali, ognuno dei quali propone cinque film italiani realizzati tra il 2017 e il 2019, per un totale di otto lungometraggi che vengono offerti nel programma. Se il Cineclub del Mendrisiotto ha deciso di inserire un paio di film già usciti nelle sale (Dogman di Matteo Garrone e La paranza dei bambini di Claudio Giovannesi), gli altri hanno puntato su opere in certi casi inedite nella Svizzera italiana o che vi hanno fatto solo poche apparizioni estemporanee. Tutti avrebbero voluto inserire nel proprio programma l’unico film
veramente inedito in Svizzera (Selfie di Agostino Ferrente), che Goffredo Fofi ha definito “vero e nuovo, un film straordinario”, ma il Festival Diritti Umani di Lugano si era già assicurato l’anteprima nazionale, e quindi sarà visibile solo a Mendrisio, subito dopo la proiezione del FFDU, previsto quest’anno dal 9 al 13 ottobre. Quanto agli altri film programmati, segnaliamo con piacere una forte presenza del documentario (Happy Winter di Giovanni Totaro, Samouni Road di Stefano Savona, che è arricchito con originali inserti di animazione, e a suo modo anche Il cratere di Silvia Luzi e Luca Bellino, nonché il già citato Selfie, interamente girato dai due ragazzi protagonisti con un telefonino). Per la fiction pura, in tutte e quattro le località si potranno vedere il controverso Loro di Paolo Sorrentino sulla figura di Silvio Berlusconi e un film che in Italia è stato diffuso solo su Netflix, Rimetti a noi i nostri debiti di Antonio Morabito, di cui la critica pressoché unanime riconosce l’estrema raffinatezza formale.
Per quanto già detto sopra, la rassegna non ha la pretesa di fornire un panorama esaustivo del nuovo cinema italiano. Solo “squarci”, per l’appunto, ma che speriamo possano suscitare nel pubblico interesse ed emozioni e contribuire ad una revisione dei cliché con cui solitamente si considera la produzione cinematografica proveniente da un Paese oggi attraversato da una profonda crisi politica e sociale (di cui quasi tutti i film in programma rendono conto), ma nel quale, volenti o nolenti, abbiamo le nostre radici linguistiche e culturali.
Michele Dell’Ambrogio, Circolo del cinema Bellinzona
regia: Paolo Sorrentino; sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello; fotografia: Luca Bigazzi; montaggio: Cristiano Travaglioli; musica: Lele Marchitelli.
Interpreti: Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Ugo Pagliai, Ricky Memphis, Lorenzo Gioielli, Alice Pagani, Caroline Tillette, Mattia Sbragia, Roberto Herlitzka, Max Tortora, Euridice Axen, Fabrizio Bentivoglio…
Produzione: Carlotta Calori, Francesca Cima, Nicola Giuliano, Viola Prestieri, Ardavan Safaee, Muriel Sauzay, Jérôme Seydoux per Indigo Film/Pathé/France 2 Cinéma.
v.o, st. francese, colore, 150’ – Italia/Francia 2018
Dapprima uscito nelle sale in due parti (Loro 1 e Loro 2), poi rimontato in una parte unica distribuita prima all’estero e poi in Italia, il film, secondo le parole del regista, è un “racconto di finzione che narra di fatti verosimili o inventati, in Italia, tra il 2006 e il 2010”. “Loro” sono tutti quei personaggi che gravitano attorno a “lui”, Silvio Berlusconi, descritto, sono sempre parole di Sorrentino, “così come l’ho immaginato. Il racconto dell’uomo, innanzitutto, e in modo solo marginale del politico”.
Berlusconi è un personaggio fin troppo pieno. Pieno di soldi, donne, potere, voglie, scurrilità, piagnistei, pompette, autoincensazioni, parole in libertà, televisioni, pacchianerie, corna, deputati comprati e venduti, calciatori comprati e venduti, trofei, interessi, mimica totoista, reati reali e presunti, processi, condanne e assoluzioni, partiti nati e morti, ambizioni, plastiche facciali, trapianti e parrucchini, crolli e resurrezioni, squadre e formazioni, sconfitte e vittorie, piaceri, doppiopetti, cravatte a righe e un mucchio di altra roba. Non è riducibile a un vuoto pneumatico come fu possibile, per il regista, con il Divo Giulio. Lì si poteva immaginare del mistero dietro le orecchie a punta e la gobba, con il Berlusca no, tutto è lì, evidente, in faccia a tutti, ossessivamente esibito e vantato.
(Alberto Morsiani, in “Cineforum”, 575, giugno 2018)
regia: Silvia Luzi e Luca Bellino; sceneggiatura: Silvia Luzi, Luca Bellino, Rosario Caroccia; fotografia: Silvia Luzi, Luca Bellino; montaggio: Silvia Luzi, Luca Bellino, Tatiana Karakatsanis; musica: Alessandro Paolini.
Interpreti: Sharon Caroccia, Rosario Caroccia, Tina Amariutei, Assunta Arcella, Imma Benvenuto, Eros Caroccia, Maria Elianna Caroccia, Rosario Junior Caroccia…
Produzione: Silvia Luzi, Luca Bellino per TFilm/Rai Cinema.
v.o, st. italiano, colore, 93’ – Italia 2017
Il Cratere è terra di vinti, spazio indistinto, rumore costante. Rosario è un ambulante, un gitano delle feste di piazza che regala peluches a chi pesca un numero vincente. La guerra che ha dichiarato al futuro e alla sua sorte ha il corpo acerbo e l’indolenza dei tredici anni. Sharon, sua figlia, è bella e sa cantare, e in questo focolaio di espedienti e vita infame lei è l’arma per provare a sopravvivere. Ma il successo si fa ossessione, il talento condanna. Il Cratere è una favola Disney al contrario.
C’è tutto un processo di elaborazione del rapporto empatico tra appartenenza e libertà, che risuona nelle dinamiche simbiotiche inscenate tra un padre e una figlia dinnanzi al sogno di successo sognato dal primo per la vita della seconda. E che si concretizza in una dinamica filmica, che vede sciogliere nel processo della rappresentazione la tensione documentaristica da cui l’opera prende le mosse.
(Massimo Causo, in “Cineforum”, 574, maggio 2018)
regia: Giovanni Totaro; sceneggiatura: Giovanni Totaro; fotografia: Paolo Ferrari, Nunzio Gringeri; montaggio: Andrea Maguolo; musica: Giordano Corapi.
Produzione: Undyca/Inthelfilm/Rai Cinema.
v.o, st. francese, colore, 91’ – Italia 2017
Un documentario sulle famiglie che fingono di andare in vacanza ostentando un benessere perduto. Estate 2016, alla spiaggia di Mondello, vicino a Palermo. Un padre di famiglia sbarca il lunario percorrendo in lungo e in largo il litorale con i frigo portabili pieni di bibite. Famiglie con figli, coppie, ragazzi condividono gli stessi spazi affollati come in una commedia balneare in bianco e nero degli anni Sessanta, con (quasi tutte) le stesse canzoni ma con molta meno fiducia nel benessere del Paese […] Tra i bagnanti c’è anche un potenziale candidato a sindaco di Palermo, che fa campagna elettorale anche in costume.
Allo spettatore non è fornita nessuna informazione extrafilmica. Il regista Giovanni Totaro (classe 1988) introduce gli interpreti del suo documentario di finzione riproponendone le conversazioni: tra i temi, la difficoltà di trovare lavoro, il sogno di andare a vivere meglio all’estero capitalizzando risparmi e pensione, una diffusa, confortevole, patetica nostalgia per l’era pre-euro, rispecchiata anche dai gusti musicali – da Caterina Caselli alla sigla di Jeeg Robot – , la distanza quando non il disinteresse per la politica…
(Raffaella Giancristofaro, in www.mymovies.it)
regia: Antonio Morabito; sceneggiatura: Antonio Morabito, Amedeo Pagani; fotografia: Duccio Cimatti; montaggio: Francesca Bracci.
Interpreti: Marco Giallini, Claudio Santamaria, Flonja Kodheli, Leonardo Nigro, Giorgio Gobbi, Maddalena Crippa, Peppino Mazzotta, Agnieszka Zulewska, Evita Ciri…
Produzione: Amedeo Pagani, Marco Belardi per La Luna/Leone Film Group/Lotus Productions/Rai Cinema/Peacock Film/Skandal Production/Agresywna Banda/RSI.
v.o, st. francese, colore, 104’ – Italia/Svizzera/Albania/Polonia 2018
Guido, ex tecnico informatico ed ora magazziniere precario, viene licenziato in tronco e non è più in grado di pagare l’affitto né di restituire un prestito alla banca. Disperato, decide di mettersi dalla parte di chi lo vessa per esigere il rimborso lavorando gratis come recuperatore crediti per una finanziaria che compra i debiti insoluti delle banche. Nel suo nuovo ruolo dovrà tormentare i debitori secondo un crescendo di interventi: prima la pubblica umiliazione, poi le percosse. Ad insegnargli il mestiere è Franco, esattore professionista cui basta una confessione in chiesa per liberarsi dai sensi di colpa. Sarà altrettanto facile per Guido?
Si sente che dietro questa storia c’è una ricerca dettagliata sul campo, perché nessuno dei casi rappresentati ci pare troppo lontano dalla realtà. La creazione narrativa dei due protagonisti, nell’ottima sceneggiatura di Morabito insieme ad Amedeo Pagani, e nella sobria e potente interpretazione di Claudio Santamaria e Marco Giallini, beneficia di questo lavoro di ricerca e non fa concessioni né al lato melodrammatico né a quello tragicomico di questa (sporca) vicenda. Ma il piglio documentaristico di Morabito non cede il timone dell’estetica cinematografica: il film ha una fotografia bellissima e una cura non comune (nel cinema italiano) per la costruzione delle inquadrature che a tratti ricordano i quadri di Edward Hopper.
(Paola Casella, in www.mymovies.it)
regia: Stefano Savona; sceneggiatura e fotografia: Stefano Savona; montaggio: Luc Forveille; musica: Giulia Tagliavia; animazioni: Simone Massi.
Con: Amal Samouni e la sua famiglia.
Produzione: Marco Alessi, Penelope Bortoluzzi, Cécile Lestrade per Dugong Production/Picofilms/Alter Ego Production/Rai Cinema/Arte France Cinéma.
v.o, st. francese, colore, 128’ – Italia/Francia 2018
Da quando la piccola Amal è tornata nel suo quartiere, ricorda solo un grande albero che non c’è più, un sicomoro su cui lei e i suoi fratelli si arrampicavano. Si ricorda di quando portava il caffè a suo padre nel frutteto. Dopo è arrivata la guerra, Amal e i suoi fratelli hanno perso tutto. Sono figli della famiglia Samouni, contadini che abitano alla periferia della città di Gaza. È passato un anno da quando hanno seppellito i loro morti. Ora devono ricominciare a guardare al futuro, ricostruendo le loro case, il loro quartiere, la loro memoria. Sul filo dei ricordi, immagini reali e racconto animato si alternano a disegnare un ritratto di famiglia, prima, dopo e durante i tragici avvenimenti che hanno stravolto le loro vite in quel gennaio del 2009, quando durante l’operazione “Piombo fuso”, vengono massacrati ventinove membri della famiglia.
I volti sono quelli veri, così come i luoghi, all’inizio ricostruiti in 3D, come fossero le orme del passato ritrovato, i fossili, la sua archeologia. Poi è arrivato il disegno, l’animazione artigianale, realizzata a mano, un disegno-fotogramma dopo l’altro, a restituirci la sostanza fantasmatica del passato, ma anche la sua bellezza e dignità. Anche il suo dolore. La memoria ricostruita, messa in scena, rischiava di essere “lettera morta”. Così, invece, anche il presente risulta più vivo e vero, fondato su quelle radici profonde.
(Fabrizio Tassi, in “Cineforum”, 579, novembre 2018)